Calcolo imposta di registro

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  • 6 anni ago
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L’imposta di registro si calcola sulla rendita catastale, anche se all’atto della compravendita il contribuente ha già incassato la concessione edilizia per la ristrutturazione e il cambio di destinazione. Niente rettifica del tributo, dunque, quando gli interventi sull’edificio avvengono dopo il rogito.

Lo ha sottolineato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 30185 del 15 dicembre 2017. Escludendo anche profili di elusione fiscale, la Cassazione ha respinto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate.

Il caso

La vicenda fa riferimento a un contribuente che aveva acquistato un edificio e all’atto della compravendita aveva già ottenuto il via libera alla ristrutturazione e al cambio di destinazione da albergo in residenza per anziani. Per tale ragione, le Entrate hanno notificato un recupero dell’imposta di registro. L’atto è stato impugnato con successo dal contribuente che ha ottenuto l’annullamento.

La motivazione

Per i giudici di merito, il tributo andava calcolato sulla rendita catastale al di là della concessione edilizia. Secondo quanto motivato, è ammissibile la rettifica di valore (in contrasto con il criterio automatico) solo in assenza di una rendita catastale certa, ovvero in presenza di un accertato mutamento, alla data del trasferimento, dello stato di fatto e giuridico dell’immobile.

Per la Cassazione va infatti considerato che alla data del rogito di trasferimento (8/04/2003) l’immobile in questione si trovava ancora in una situazione di fatto e giuridica in tutto corrispondente a quella risultante dalla classificazione catastale attribuitagli (albergo).

Se è vero che la proprietà aveva già ottenuto (24/03/2003) la concessione edilizia per la ristrutturazione e il cambio di destinazione, altrettanto indubbio è che tali interventi vennero intrapresi (permesso di costruire del 26/06/2004) solo successivamente al trasferimento, per poi venire conclusi nel luglio 2004 (con rilascio del certificato di abitabilità del maggio 2006).

Quanto poi alla prospettata violazione del divieto di abuso del diritto, non sussistono i presupposti né in fatto né in diritto, considerando le modifiche apportate dal dlgs. 158/2015.

(fonte: idealista news)

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