Cicli immobiliari

Nel nostro Paese si sono susseguiti quattro cicli immobiliari, l’ultimo dei quali sta facendo registrare una nuova crescita delle compravendite. Esiste però una discrasia tra valori e quantità compravendute, con i primi in ritardo rispetto alle seconde. A dirlo è stato il direttore dell’Omise, Gianni Guerrieri, uno dei relatori di Immonext 2018 – il forum sul mercato immobiliare organizzato a Milano da idealista – che ha illustrato anche i fattori che innescano i diversi cicli del mattone.

“I cicli immobiliari  – ha spiegato Guerrieri – sono stati sostanzialmente quattro. Il ciclo dei prezzi e quello delle quantità non sono sempre coincidenti, variano per intensità e dal punto di vista temporale: il ciclo dei prezzi a volte è in ritardo rispetto a quello delle quantità”.

Cosa innesca un ciclo immobiliare

Il direttore dell’Omise ha poi spiegato che “le cause di innesco dei cicli fanno sempre riferimento ai fattori che agiscono sulla domanda effettiva di case da parte delle famiglie. L’andamento delle variabili che muovono la domanda sono generalmente fattori nazionali e internazionali. Ma dato che il mercato immobiliare è intimamente connesso per sua natura agli spazi fisici che occupa, oltre a un’uniformità di fenomeni dettati da fattori esogeni nazionali e internazionali, ci sono anche delle singolarità su questi processi a livello locale”.

Guerrieri ha poi sottolineato: “A mio avviso il ciclo immobiliare va visto essenzialmente dal lato del numero delle quantità scambiate, del numero delle compravendite, perché dipende essenzialmente dalla domanda. I prezzi, invece, hanno delle interazioni un po’ complesse. Ma quali sono i fattori determinanti i cicli residenziali? Oltre a fattori demografici e politiche urbanistiche, che costituiscono un sottofondo di lungo periodo, le variabili determinanti sono: prezzi di offerta delle abitazioni, costo del finanziamento, stock di risparmio accumulato, redditi correnti e attesi. Questi fattori incidono sui livelli di variazione del livello di domanda, che a loro volta incidono poi sul mercato immobiliare e determinano i cicli”.

L’ultimo ciclo immobiliare

E ancora: “Analizzando il periodo 1996-2006, quindi la prima fase di crescita, bisogna prendere in esame quanto successo nel quindicennio antecedente al 2000, quando il tasso di risparmio delle famiglie italiane era tra i più elevati dell’Occidente. Fino al 1995-1996 c’è stato un accumulo di risparmio che si è messo a disposizione delle famiglie per acquistare casa. Poi si è verificato un primo tracollo fino al 2000. Tra il 1997 il 2005, inoltre, c’è stato il crollo dei tassi di interesse e questo è dovuto a vari fattori”.

Nell’esaminare poi che cosa ha scatenato la fase di decrescita, Guerrieri ha spiegato: “La crescita c’è stata fino al 2006, nel 2007 poi il mercato residenziale ha esaurito la sua spinta propulsiva: il tasso di risparmio si stava riducendo, quindi c’era meno accumulo di risparmio da parte delle famiglie rispetto al decennio precedente. I tassi di interesse nel 2006 hanno cominciato a innalzarsi e i prezzi delle abitazioni hanno cominciato a salire, in termini sia nominali che reali. Questo ha portato a una riduzione della domanda, perché il costo dell’abitazione è diventato eccessivo per larga fascia delle famiglie. A questo nel 2008 e 2009 si è agganciata la crisi omani ben nota.

Le crisi del mercato residenziale

“Nel mercato residenziale ci sono state due ondate di crisi: una nel 2008-2009 in cui le unità immobiliari compravendute sono scese del 25% rispetto al 2007, l’altra nel 2012-2013 quando le unità immobiliari compravendute sono scese del 33% rispetto al 2011. In merito alla seconda crisi, fino al 2012 i prezzi sono rimasti relativamente stabili, dal 2012 è iniziata la discesa dei prezzi in modo significativo. Questo perché a quel punto sul mercato i venditori dovevano vendere e per vendere dovevano abbassare i prezzi; anche le imprese dovevano smaltire l’invenduto accumulato. E’ iniziata così una discesa dei prezzi nominali delle abitazioni”.

Guerrieri ha poi aggiunto: “Dal punto di vista delle quantità, nel 2013 c’è stata l’apice della crisi, le compravendite sono scese al punto più basso, addirittura al di sotto di quelle dell’inizio del ciclo. Solo dal 2013 si è ripartiti. Nel 2014-2017 si è verificata una ripresa, si tratta della fine del ciclo 2006-2013, non sappiamo se questa porterà poi – sicuramente no – a un altro salto molto forte come è avvenuto nel 1996-2006, probabilmente nel medio termine ci potremmo stabilizzare sulle 600.000 compravendite l’anno, che è un po’ il dato del 2010-2011, cioè alla fine della prima ondata di crisi”.

Il valore del patrimonio abitativo

Per quanto riguarda il valore del patrimonio abitativo, il direttore dell’Omise ha sottolineato: “Tra il 2000 e il 2015iIl tasso medio annuo è stato pari al +3,58%, con un tasso di inflazione dei prezzi al consumo dell’1,93% si può misurare nell’1,6% del tasso medio annuo in termini reali la crescita del valore del patrimonio. Il valore del patrimonio non è solo il valore monetario, è dato da prezzo per superficie, quindi il contributo alla crescita del valore del patrimonio delle famiglie è dato sia dall’aumento delle quantità che dei prezzi, e possiamo misurare nel 91% il contributo che ha dato l’aumento delle quantità e nel 9% il contributo che ha dato la variazione positiva dei prezzi in termini reali”.

Discrasia tra prezzi e quantità

Guerrieri ha parlato, infine, del problema relativo alla discrasia tra prezzi e quantità. “Tra il 2000 e il 2006 – ha affermato – i prezzi e le quantità sono cresciuti, i prezzi un pochino di più, ma sono aumentati in simultanea. Dopodiché c’è stata una virata che indica il crollo sostanzialmente delle compravendite di abitazioni e una stazionarietà dei prezzi, che invece hanno iniziato il loro crollo dal 2011-2012. La prima variazione negativa è nel 2012 e poi continua fino al 2016. Dal 2014 le compravendite hanno ricominciato a partire”.

autori: Annastella Palasciano, Luis Manzano, Stefania Giudice
fonte: idealista news

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